Lettera a Meneceo

Lettera a Meneceo sulla felicità

Nel 1992 l’aveva resa famosa Stampa Alternativa, pubblicandola tra i suoi libri Millelire. E la Lettera a Meneceo, da allora conosciuta come Lettera sulla felicità, era diventata ‘virale’: l’avevano letta un po’ tutti, e tutti gli altri si ripromettevano di leggerla. Sì, perché ciascuno di noi si interroga quotidianamente sulla felicità, e se a parlarcene è un tipo saggio come Epicuro speriamo di trovare qualche risposta nelle sue parole.

Nel 2019, ce le ripropone Epicuro.org, il sito dedicato ai testi del filosofo di Samo, nella traduzione attualizzata di Giulia Mancinelli, priva di copyright e dunque di vincoli alla diffusione, in base alla licenza Creative Commons 4.0 Internazionale. Un motivo per scegliere questa particolare edizione, certo; ma non è il solo. La versione ‘modernizzata’ della Lettera a Meneceo sulla felicità cita i guru del nostro tempo (Freddy Mercury, Stephen Hawking, Franklin Delano Roosevelt, Mae West…) all’inizio di ogni capitolo, creando un continuum tra il pensiero degli antichi e quello dei contemporanei: quando si parla di libertà, ad esempio, le riflessioni epicuree sul destino, che “non è padrone di ogni cosa: alcune cose sono inevitabili, altre accadono per caso e altre ancora sono conseguenza delle nostre azioni”, si riallacciano a quelle del Mahatma Gandhi: “Fino a che punto l’uomo è libero e fino a che punto decidono le circostanze, quando conta il libero arbitrio e quando interviene il fato – questi sono misteri e tali rimarranno”.

E’ un po’ un mistero anche il segreto della felicità, che Epicuro non sembra aver davvero voglia di disvelare a Meneceo. Gli fa delle raccomandazioni: di filosofare sin da giovane, ragionando “su cosa ci renda felici”; di considerare “la divinità eterna e beata”, e priva dei difetti umani; di non dare importanza alla morte, perché “ogni piacere e ogni dolore esistono solo quando li percepiamo”; di “comprendere correttamente la natura dei nostri desideri”, per poter decidere cosa scegliere per il benessere del corpo e dell’anima. Ma ai desideri bisogna anche dire di no, “non perché dobbiamo sempre accontentarci di poco, ma perché quando non abbiamo molto possiamo comunque apprezzare il poco che abbiamo”. La felicità, sembra dirci Epicuro, sta proprio in questo: nell’apprezzare le piccole cose che la vita ci offre, e nel farci guidare dalla saggezza: “Il buon senso ci insegna che non è possibile vivere felici se non si è anche saggi e giusti”. “Meglio essere saggi e sfortunati che sciocchi e molto fortunati”, conclude infatti il filosofo; e nelle frasi finali della lettera ci raccomanda per l’ultima volta di riflettere su quanto ci ha detto, così saremo (e scusate se è poco!) liberi dall’ansia.

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