E Leda inventò il mondo

E Leda inventò il mondo

Leda ha una folta chioma di capelli come quelli di sua madre, “rossi e ondulati come lava incandescente”; e da lei ha preso il talento per la musica. Ma, mentre Alice porta in tournée il suo violoncello, il fedele compagno di Leda è un ukulele viola, che ha ispirato il nome della sua pagina Instagram: Ukulilla. Sì, perché Leda è una ragazza dei nostri giorni, e usa smartphone e social network con disinvoltura; ma non ha ancora trovato la sua strada e per cercarla ha deciso di viaggiare. Un momento: cominciamo dall’inizio, come fa Daniela Carelli, per cui E Leda inventò il mondo è il quinto, come ama definirlo, “figlio di carta”; e dunque dalla nascita della piccola Leda che, uscendo dal ventre materno, mentre si lascia indietro come un sogno quel che era il prima, ricorda le parole che hanno accompagnato la sua discesa sulla Terra: “Sii luce per dissipare il buio”.

Ed è luce, Leda, sin da bambina, nell’amore verso i genitori e i nonni, presenze discrete e insieme solidi riferimenti, a cominciare da nonna Bridget, nata in un villaggio inglese da fiaba e guidata da un’indole audace che la porta, sacca in spalla, a girare il mondo fino a fermarsi in Italia. È illuminata dal talento, la giovane Leda; a 11 anni già canta come una sirenetta, peccato sia troppo timida per usare la sua voce per conquistare giovani marinai. “Dal talento non ci si può liberare, neanche quando ti senti sfinita”, scrive l’Autrice, che ha al suo attivo una carriera di solista in un gruppo rock ed è da anni apprezzata vocal coach grazie al Metodo VoicEmotion® da lei creato. Così Leda, zaino in spalla come nonna Bridget, lascia la sua amata Napoli per intraprendere per un po’ una vita girovaga da musicista di strada e far conoscere la sua voce nelle città europee più accoglienti verso gli spiriti liberi come il suo: Lisbona, Madrid, Marsiglia…

Ogni tappa porta con sé la scoperta dei luoghi – che la scrittura di Daniela ci rende vivi in tutti i loro suoni, odori, colori – e incontri intensi e fortunati come quelli con Marcelo, Angela, Lisandra e Violeta, e poi Gus, Jorge e Xavier. Ma la presenza più forte accanto a lei è Milly, la cagnolina abbandonata e salvata da Leda che, dall’infanzia, è parte integrante della sua vita e porto sicuro di affetti, oltre che esempio di virtù che gli uomini non sempre hanno: “un animale che ci ricorda i valori della vita, che ci insegna il senso profondo dell’amore, dell’abnegazione e di una dignità di cui pochi cosiddetti umani sono ancora capaci”, scrive Daniela, che nei suoi vent’anni, come la sua protagonista, ha avuto per fedele compagna la cagnetta Minnie. Delle avventure di Leda Milly è co-protagonista, e rappresenta l’unica certezza in un mare di cambiamenti: nuove città, nuovi amici, nuovi amori, nuove esperienze musicali su nuovi palcoscenici, da quello tipico del busker (la strada) a piccoli locali di tendenza e spazi aperti. Leda canta e suona, perché non può farne a meno: l’arte è la sua stessa vita, e i sacrifici che fa per farsi conoscere non sono ricerca del “successo in sé”, ma “una questione di sopravvivenza”. Se è vero che ogni essere umano ha bisogno di essere amato, spiega l’autrice, ciò vale ancor di più per gli artisti, che dipendono dal pubblico, a loro “legato con un cordone ombelicale che nutre sì, ma potrebbe anche strangolare”, mettendo fine alla loro esistenza artistica.

C’è molto dell’esperienza di vita dell’autrice in questo romanzo: la passione per la musica e per i viaggi, l’apertura verso gli altri, l’amore per le sue origini (Daniela vive a Milano, ma ha sempre la sua Napoli nel cuore); ed è tra Napoli e Procida che si svolge infatti la parte della storia ambientata nell’infanzia di Leda, che si alterna, in un gioco di capitoli tra passato e presente, alle esperienze di viaggio con Milly. È una Napoli indomita come Leda quella che Daniela descrive: ricorda Lisbona “fenice risorta dalle sue ceneri”, “perché conosce il dolore, perché non si arrende, perché è capace di gioire nonostante tutto.” Ed è una Napoli il cui mare non sazia mai abbastanza: “scegliamo altri luoghi, altri lidi e panorami, ma il mare deve essere lì”.

Leda sceglie di viaggiare, quasi di fuggire, per dare un ordine al caos che la opprime, per cercare di ritrovarsi, per ricostruire se stessa dalla miriade di pezzi che le gravitano intorno da quando è “andata in frantumi”. Sembra cercare avventure ma vuole, in realtà, “una vita tranquilla, costellata di viaggi di piacere e non di lavoro”, in cui essere serena, anonima e libera dalle aspettative degli altri (“perché deluderle mi ucciderebbe”). Leda è la bambina che si faceva domande senza trovare risposte, a differenza degli adulti che sembrano sapere sempre tutto; è la ventenne che si è costruita una corazza, alla quale però vorrebbe tanto saper rinunciare. È tutte le donne che cadono e si rialzano, che cercano di riempire i loro vuoti senza sapere ancora con cosa, è bella e imperfetta e per questo umana. Se il mondo che ha intorno non le va bene, se ne inventa un altro. In cui mettere in pratica le parole sagge di nonna Bridget: “Ama, figlia mia, senza esitazioni né riserve, e se le cose andranno per il verso sbagliato rialzati e ama ancora e più forte. Ma soprattutto amati perché sei preziosa, perché sei l’unica persona su cui potrai contare.”

E Leda inventò il mondo, Daniela Carelli, 2023, pp. 197.