Ha scelto lo pseudonimo di Pecoranera (frutto di un improvvisato ‘battesimo’ da parte di un amico brillo in una serata di pioggia), ma “pecora nera” Devis Bonanni non lo è davvero. Per cominciare, scrive divinamente: non sono in molti, Neruda docet, a poter trasformare la descrizione di un alimento, e in questo caso della sua preparazione, in un pezzo di letteratura. La polenta che apre il breve libro di Pecoranera non è un semplice piatto della tradizione: è un sogno, l’ingresso in un mondo ormai quasi scomparso, il segreto di una nonna che è un po’ quella che tutti vorremmo, un simbolo, il pretesto per mostrare ai lettori come Devis, se non avesse scelto di fare il contadino, potrebbe fare lo scrittore meglio di tanti altri.
Pecoranera, però, vive la vita dei campi: le colline della Carnia, terra che ama e che nello stesso tempo studia con la curiosità del forestiero, pronto a scoprirne le particolarità e le ricchezze. Quelle della Natura, ovvio: perché, da quando ha visitato alcuni ecovillaggi, Devis ha capito che il futuro – almeno il suo, ma probabilmente anche quello dell’Umanità – sta nel ritorno alle origini. E ha deciso di dimostrarlo in prima persona, adottando uno stile di vita ecosostenibile e autarchico, lui che faceva l’anarchico e costruiva capanne, e per questo era considerato un po’ ‘strano’. Non è più strano, oggi, uno che coltiva ottimi pomodori per sé e per gli altri (la voce si è sparsa e Pecoranera ha clienti, e anche un suo ecovillaggio), che consuma poco per non consumare la Natura, che rispetta il ritmo delle stagioni per trarre al momento giusto i frutti migliori dell’orto, perché è proprio in quel momento che più fanno bene. Ha solo anticipato i tempi (prima o poi finiremo tutti a coltivare, se non altro per necessità, dato il caro-prezzi) e resta un moderato: al supermercato ci va ogni tanto, per rifornirsi di birra e cioccolata.
Noi, invece, dopo aver letto i primi capitoli su fagioli e minestre, vorremmo subito passare alla sua cucina frugale. Ma Devis non offre ricette, solo consigli, un po’ difficili da seguire perché siamo distratti dalla sua bella prosa. La seconda parte del libro – un po’ meno organica perché unisce profonde riflessioni a spunti di vegetarianesimo e aneddoti gastronomici – conduce alla ricetta di Devis per l’autosufficienza: un discreto numero di metri quadri da coltivare, ortaggi e qualche albero da frutto, oltre che tanta pazienza. L’entusiasmo per l’autarchia agricola, ci avverte Pecoranera, può anche scemare. Che succeda a lui, però, è difficile: del contadino conosce e riconosce i privilegi, come “la possibilità di mangiarsi una bella pannocchia fresca”, prima che il chicco passi dalla consistenza acquosa a quella vitrea. E poi, il bearsi “della certezza di avere per le mani qualcosa di unico e irripetibile: ciò che abbiamo visto crescere“.
Devis Bonanni, Il cibo frugale di Pecoranera: La riscoperta del piacere di coltivare da sé e nutrirsi di cibi semplici e naturali, Marsilio, 2012, pp. 48.