Attraversando con levità e saggezza due secoli e tutti gli eventi più importanti della loro Storia, Elizabeth Alexandra Mary – per i suoi cari Lilibeth, ma per il mondo Elisabetta II Windsor, regina del Regno Unito – è stata simbolo non della sola monarchia britannica, ma di un modo così sobrio, misurato e nello stesso tempo saldo, eroico e incrollabile di convivere con un immenso potere da essere un mito quasi irraggiungibile. E oggi che Elisabetta non c’è più, dopo ben 96 anni di vita di cui 70 trascorsi come regina di un territorio immenso, se si pensa anche ai 56 Stati del Commonwealth, il suo volto, che è stato persino icona pop per Andy Warhol, continua a richiamarci alla mente l’ideale di un governo il cui capo è amato dai suoi sudditi.
Sì, perché amatissima, sin dalla sua nascita, Elisabetta lo è stata davvero, sin da quando, nel 1926, venne alla luce al n° 17 di Bruton Street, dimora degli aristocratici nonni materni e nido d’amore dei genitori Elizabeth Bowes-Lyon e Albert Frederick Arthur George detto Bertie, che l’avevano a lungo attesa. Il futuro re Giorgio VI, sovrano ‘per caso’ grazie all’abdicazione del fratello Edoardo VIII, desiderava ardentemente una famiglia; e, una volta che anche Margaret fu nata, restò sempre fedele, oltre che alla monarchia, all’ideale domestico del “noi quattro”: una famiglia felice e unita il più possibile, nonostante gli impegni dovuti alla corona, e in cui, per precisa volontà della madre, le due bambine dovevano godere di un’infanzia serena e spensierata.
Ci racconta la vita di Elisabetta II, sin dalla nascita, Matthew Dennison, biografo specializzato nei regnanti e giornalista per testate come The Times, Daily Telegraph, Country Life e Spectator, già autore di una serie di volumi su personalità di spicco britanniche, per ora in lingua inglese (Elisabetta, dotato di un’impressionante bibliografia, ci viene consegnato nell’elegante traduzione di Rossella Monaco, dall’originale The Queen). E lo fa con sobrietà, ricchezza di dettagli e un tono un minimo agiografico, coerente con l’idea di una vita da sogno, preclusa ai comuni mortali. È icona sin da piccola, Elizabeth, ammirata dai bambini di passaggio quando gioca nei giardini sul retro del 145 di Piccadilly Street con la sorellina Margaret, sotto la sorveglianza delle nurse Alah e ‘Bobo’ MacDonald, che sarebbe stata al suo fianco per settant’anni. È una bimba “incantevole” (aggettivo che più volte la descrive nel corso della biografia), saggia, educata, ubbidiente, più seria di come ci si aspetterebbe; e tale rimane nel corso della gioventù e della vita, dimostrando anche nell’età matura una composta riservatezza – sciolta solo in poche informali occasioni – che verrà spesso mal interpretata come freddezza.
È invece tutt’altro che fredda la giovane Elizabeth, animata dalla tenerezza degli affetti familiari (fortissimo il legame con la madre e con la sorella Margaret, per tutta la vita), dalla passione per i cavalli poi trasmessa alla figlia Anna, dal desiderio di dare subito il suo contributo alla società, che la porta a diventare secondo subalterno del servizio Territoriale Ausiliario e, appena 18enne, consigliere di Stato. E dall’amore, durato oltre 73 anni fino alla morte, per il suo principe Filippo di Grecia e Danimarca, per lei naturalizzato inglese con il cognome di Mountbatten e sempre al suo fianco negli incarichi ufficiali, in tutto il mondo. Viaggia per incarichi ufficiali sin da giovanissima, la giovane Elizabeth; soprattutto nel Commonwealth, a cui sempre riserverà le sue attenzioni, e si trova in un lodge su un albero per un safari in Kenya quando suo padre, re Giorgio VI, morendo la lascia regina.
Nel 1952, dunque, con l’ascesa al trono la vita di Elizabeth Windsor cambia; l’incoronazione del 1953 è solo l’atto formale che la consacra nel ruolo che da sempre ha sentito suo, per il quale si è preparata fin da ragazzina e che farà così tanto parte della sua personalità da permeare anche la vita privata. Che, necessariamente, subisce il peso della corona, che impone forzati distacchi dai suoi bambini, durante i mesi delle missioni all’estero. La regina è comunque una madre affettuosa, che cerca di trascorrere del tempo con Carlo, Anna, Andrea ed Edoardo – come farà poi con i nipoti – e preserva l’unità familiare con il Natale a Sandringham e le vacanze estive a Balmoral. È qui che la coglierà la notizia della tragica fine di Diana Spencer, e se non andrà subito a Londra ad affrontare il dramma sarà per preservare i piccoli William ed Henry. Si parla con delicatezza, nel libro, della principessa del Galles, sposa di un Carlo da sempre innamorato di un’altra; Dennison, a differenza di altri biografi, non indulge in particolari scandalistici, non è quello il suo scopo: ci consegna un’immagine della famiglia reale in cui ogni vita ha un fine ultimo più alto delle questioni materiali (e degli amanti di Lady D non c’è nemmeno il nome).
Con il tempo, la vita di Elisabetta II si appesantisce per gli oneri legati alla corona, non perché soffra dei tanti impegni (circa 400 all’anno, anche in età avanzata) ma perché assiste, nei decenni, ai cambiamenti di una Gran Bretagna colpita dalla crisi economica, dall’inflazione al 25%, da calamità naturali, dal terrorismo e dalle istanze indipendentiste, dall’insofferenza del popolo verso la Civil List (il sussidio di 1,4 milioni di sterline annue per la regina). Un po’imbiancata, solo leggermente curva, ritratta dai pittori ufficiali in un’iconografia come sempre rassicurante, Elizabeth rappresenta la stabilità del potere e la conservazione dei valori del passato, mentre cambiano al suo fianco Primi Ministri, dalla Thatcher, “Lady di Ferro” in sua ammirazione, al giovane Tony Blair, si attuano riforme e si ipotizza persino di eliminare la sua testa dai francobolli.
Sovrana dal regno più longevo nel suo Paese, e seconda nella Storia solo a Luigi XIV, Elizabeth Windsor ha lasciato il suo incarico nel 2022 con la morte (evitando lo spettro dell’abdicazione che mai, dopo quella di Edoardo VIII, era stata ritenuta accettabile). Ha servito lo Stato fino all’ultimo, con abnegazione, mostrando il volto ufficiale ma anche quello privato, concedendosi a serie documentaristiche sulla vita dei reali. Il suo viso è ovunque, simbolo di un mondo che si affanna a mantenere vive le sue tradizioni anche nella modernità. Se c’è un modo giusto di ricordarla, e di imparare a conoscerla, è attraverso questa biografia.
Elisabetta, la più amata, Matthew Dennison, Giunti, 2022 (ed. orig. Apollo Books, 2021, traduzione di Rossella Monaco), pp. 575.