Lettera a Jeff Bezos

Lettera a Jeff Bezos

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Lettera a Jeff Bezos

Dalle relazioni pubbliche alle relazioni umane: come ho riscritto i principi di Amazon

“Caro Jeff, sono mesi che scrivo e riscrivo questa lettera, che la ripercorro nella mia mente in ogni momento della giornata, cercando di trovare le parole giuste. Dopo aver letto la tua lettera ai dipendenti, ho finalmente avuto il coraggio e l’ispirazione per chiudere queste righe”.

Comincia così l’e-mail che, il 25 febbraio del 2021, Marisandra Lizzi, giornalista, comunicatrice e founder e CEO di Mirandola Comunicazione e iPressLive, ha inviato a Jeff Bezos, Presidente Esecutivo e fondatore di Amazon, spiegandogli perché la sua agenzia, dopo 17 anni insieme, non avrebbe più potuto lavorare per il colosso dell’e-commerce.

Quell’e-mail, quattro anni dopo, è diventata molto di più. Un intero libro: Lettera a Jeff Bezos, per spiegare, con onestà, trasparenza e verità, e solo un pizzico di rimpianto, che non si poteva fare altrimenti. “Oggi, la squadra che in Mirandola Comunicazione lavora su Amazon non ha più quel luccichio negli occhi. E anche io, non riconosco più l’azienda che ho amato per tanti anni in questa corsa ai limiti. La ritrovo in alcuni passi del tuo nuovo libro, “Inventa e sogna”, ma non nei rapporti umani che si sono spezzati lungo la strada”.

Non è un caso che a pubblicare Lettera a Jeff Bezos sia stato l’editore Do It Human, il cui motto è “Fallo umano”. E che Marisandra Lizzi stia portando avanti con il suo team, in Mirandola Comunicazione, il progetto dell’Atelier delle Relazioni, con il corso di Relazioni Umane.

Dire “no” al proprio principale cliente, all’azienda di cui si è stati la ‘voce’ per due decenni, al sogno di condividere la stessa visione di una tecnologia volta a migliorare la vita delle persone non è stato facile. Ma è stato necessario, nel momento in cui Marisandra Lizzi si è resa conto che l’azienda che aveva acceso in lei, nel lontano 1995, la prima scintilla della passione per il digitale; a cui aveva dedicato quasi un ventennio della sua vita; che aveva sostenuto anche nei momenti più critici, non era più quella in cui aveva creduto.

Anno dopo anno, successo dopo successo, innovazione dopo innovazione, Amazon ha infatti trasformato lo spirito visionario delle origini in una corsa infinita verso il superamento dei limiti, dei traguardi da raggiungere in fretta per poterne subito conseguire altri. Anche a costo di infrangere il quindicesimo dei suoi 16 principi di leadership: “Puntare a essere il miglior datore di lavoro al mondo”. Di trascurare il decimo: “Frugalità”. O di sottovalutare l’impegno assunto con il sedicesimo: “Successo e rilevanza comportano grandi responsabilità”.

Quei sedici principi Marisandra Lizzi li ha analizzati nel suo libro, con cura e rispetto per le buone intenzioni con cui erano stati prodotti (la “luce”), ma anche con uno sguardo lucido sulla loro evoluzione non sempre ‘umana’ (le “ombre”). E li ha riformulati, per dimostrare che una strada per migliorare le cose c’è, è chiara e andrebbe intrapresa.

In Lettera a Jeff Bezos, però, non c’è solo l’urgenza di spiegare al fondatore di Amazon, e ai lettori, perché le loro strade si sono separate. C’è la storia del digitale in Italia, che Marisandra Lizzi ha visto nascere e con il suo lavoro ha contribuito a far crescere. C’è il racconto degli inizi pionieristici: quelli dell’e-commerce e quelli dell’autrice, che nei primi anni Novanta, in un’aula universitaria, sente parlare di un’azienda che vende libri online e se ne innamora (ancora non sa che otto anni dopo inizierà a lavorarvi); e agli inizi del Duemila fonda, su una collina nel verde, una casa, una famiglia e un’azienda, nata per trasformare il digitale in un’opportunità per la vita delle persone.

Anche lavorare alla comunicazione di Amazon è stata, per Marisandra Lizzi, una grande opportunità. “Sono fiera di avervi accompagnato fin qui, perché per me Amazon non è mai stato un cliente qualsiasi”, scrive a Bezos. Ad Amazon ha dedicato i suoi anni migliori, le idee più creative del suo team (in tandem con il marito Mauro Sarina, regista e attore teatrale e formatore aziendale), il suo tempo e il suo appassionato impegno.

Non rimpiange nulla di ciò che ha fatto e, da persona attenta alle relazioni umane, nel libro non dimentica mai di citare tutti coloro che hanno vissuto l’avventura digitale con lei. Nello stesso tempo, racconta di una crepa, dapprima sottile, poi divenuta profonda, nel rapporto tra la sua agenzia e il colosso di Seattle; della differenza ormai sempre più grande nella visione di un mondo che non è solo un immenso market, ma Pianeta da amare, curare, salvare. E non basta annunciare un Climate Pledge, bisogna rivoluzionare il proprio modo di ve(n)dere.

Lettera a Jeff Bezos è un saggio, appassionante come un romanzo. Si legge tutto d’un fiato, oppure lentamente, ritornando sulle parole, sugli episodi di vita vissuta, sulle frasi che fanno riflettere. Bezos non ha risposto alla lettera a lui diretta; ma Marisandra lo ‘sfida’ garbatamente iniziando il suo book tour a Venezia mentre Jeff si sposa in Laguna, e ricordandogli nel testo che è stato lui stesso a dire che non siamo i nostri doni, ma siamo le nostre scelte.

Marisandra Lizzi, con Lettera a Jeff Bezos, ha scelto di rappresentare pubblicamente, con sincerità, quello che è stato, e di raccontare quello che avrebbe potuto essere. Lo ha fatto con convinzione, rigore giornalistico (cita sempre nomi e fonti, in nota ad ogni pagina), serietà e autenticità. Bezos forse non la leggerà, ma lei mette in pratica, anche con questo libro, un insegnamento che il fondatore di Amazon a sua volta apprese da giovane: “L’intelligenza è un dono, la gentilezza è una scelta.”

Lettera a Jeff Bezos, Marisandra Lizzi, “Colophon”, Do It Human, 2024, pp. 344

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