E lei l'ultima volta mi disse addio

E lei l’ultima volta mi disse addio

Sergio Zeuli, “magistrato da quasi trent’anni… È al suo ultimo romanzo”. È una dichiarazione d’intenti questa sulla terza di copertina di E lei l’ultima volta mi disse addio, primo romanzo di un autore che è ben certo di non volerne scrivere altri. La storia di Federico e Lucia è un unicum incastonato in una carriera importante in magistratura (Zeuli è stato giudice di Corte d’Assise, GIP, Sostituto Procuratore della Repubblica, membro del CSM amministrativo, consulente del Governo; è Magistrato Amministrativo nella Corte d’Appello di Napoli e docente universitario). Eppure, Sergio Zeuli sembra essere nato narratore e, anche se le sue pubblicazioni, finora, sono state giuridiche, è perfettamente a suo agio con la letteratura. Che, tra l’altro, compare – insieme al cinema, all’arte e alla musica – in molte pagine del libro: negli scrittori citati (in primis l’amato Bukowski), nei titoli dei capitoli, persino nella passione di Federico per Lucia, quando le dedica poesie.

Federico, alter ego dell’autore – che ambienta il racconto nella Napoli anni Ottanta della sua gioventù – è l’uomo ideale: affascinante, autoironico, colto e impegnato, ma disposto a mettersi in discussione; risoluto e indipendente quando si tratta di corteggiare una donna, è pronto a vivere in sua funzione se ne è innamorato. Federico e Lucia si conoscono sin da bambini; lei è teneramente presa da lui, che però pensa a un’altra. Si rincontrano ventenni, a casa di un’amica comune. Davanti al panorama del golfo e del Vesuvio, l’attrazione esplode, stavolta reciproca: “Ho già intensione di sposarla, o almeno di telefonarle per rivederla”.

Federico parte in quarta con il suo amore per Lucia; Lucia parte per la Spagna con Giancarlo e Andrea (il suo neo-fidanzato, ultimo incomodo, al seguito). Federico cerca di costruire un rapporto fatto di certezze e di una regolare frequentazione; Lucia un giorno c’è e l’altro svanisce, dimentica o annulla appuntamenti, riceve il suo ragazzo insieme a un corteggiatore e preferisce trascorrere il tempo con amiche. Federico si strugge d’amore, acquista regalini che non può consegnare, attraversa tutta l’Italia in macchina di notte per fare una sorpresa a Lucia, che lo sorprende a sua volta facendosi trovare in altra compagnia. Federico soffre, si chiude nel silenzio della camera da letto, fa impensierire la madre che sempre lo capisce; Lucia illude, prende e lascia (lui, ma anche altri), fa salire Federico sulle montagne russe di una relazione che a istanti di luce alterna lunghi periodi di oscurità.

Al lettore tutto è chiaro dall’inizio: Lucia non ama davvero Federico, lo avvolge a sé con il suo narcisismo e non è in grado di dargli quel che desidera, mai. Nemmeno quando tutto sembra andare per il meglio. Federico, però (peccato impieghi anni a capirlo), è in grado di salvarsi. Ama le donne e forse ama l’amore, piace alle donne e con loro fa l’amore. Si circonda di Eleonore, Cecilie, Alberte, Renate, ciascuna funzionale a un suo bisogno, ciascuna necessaria in un momento della sua vita. Vive una relazione importante con Flavia, algida bellezza (son tutte belle le donne con cui si accompagna, a cominciare da Lucia, alta e slanciata, curvilinea, pelle ambrata e labbra carnose) che, “a distanza di anni, in pubblico ed in privato”, gli dirà “cose molto più cattive e con tono ancora più insopportabile” rispetto alla sua ex.

Federico, nonostante il dolore, si salva e si salverà sempre: non è il maschio alfa che la società si aspetta, ma ha dalla sua le ragioni della sensibilità e del coraggio di amare. E nessun amore, anche il più sbagliato, può dirsi mai sprecato. Così come nessun romanzo – anche quello nato più casualmente, come questo ‘tributo’ agli anni (in)felici della gioventù – può dirsi veramente l’ultimo. Magari un giorno il magistrato Zeuli scriverà un altro romanzo. Parlerà, ne siamo sicuri, d’amore.

E lei l’ultima volta mi disse addio, Sergio Zeuli, “amenofonema”, Artetetra, 2018, pp. 184.