Le solite sospette

Le solite sospette

Susan, Julie, Jill ed Ethel non hanno più nulla da perdere. Se, per Susan, la realtà familiare che credeva solida e serena viene all’improvviso sconvolta dalla morte – più che violenta, ‘violentata’ nel corso di un proibito gioco erotico – del marito, per Julie la vita già da tempo non offre chance, se non quella di asciugare quotidianamente con il mocio il liquido giallastro che sfugge agli anziani ospiti di una casa di riposo. Dove Ethel, ex star dello spettacolo decaduta esteticamente, moralmente e fisicamente, in mancanza di visite non ha altra prospettiva che rubare caramelle dal basso della sedia a rotelle; sempre meglio, però, del dramma di Jill, che vede sfiorire la figlia trentenne alle prese con la grave e rara malattia del suo bambino.

Se le premesse vi sembrano drammatiche, e in effetti le prime pagine del libro sembrano confermarlo, no, non abbandonate la lettura: andate avanti. Come le sue protagoniste, man mano che ne scorrete le pagine questo libro ha una trasformazione: e da romanzo di “casalinghe disperate” diventa, a un tratto, la più rocambolesca avventura che possiate immaginare, soprattutto se a viverla sono un manipolo di signore un po’ in età (le più giovani sulla sessantina), che decidono, per far fronte ai loro guai, che la soluzione più semplice sia rapinare una banca.

Come tutte le gang che si rispettino, anche la nostra banda di ‘vecchiette’ ha un complice, sia pure in preda alla demenza senile; un mezzo per la fuga, che però le lascerà a piedi; passamontagna neri e un piccolo arsenale di armi, anch’esse un po’ attempate, quasi sempre usate solo per minacciare, ma all’occorrenza per sparare. Sì, perché la gang al femminile della piccola cittadina inglese di Wroxham, che fino a quel momento si è cimentata solo in recite amatoriali e affari fallimentari, è ben decisa a usare ogni mezzo per raggiungere i suoi obiettivi, anche se il rischio è la galera. E non importa che, sulle sue tracce, si stia muovendo un gruppetto di poliziotti, per la verità un po’ mangioni e assai maldestri, deciso ancor di più a portarne a termine la cattura.

Vinceranno i buoni, o i cattivi? Ma poi, i cattivi, anzi le cattive, lo sono davvero? Con una serie di sequenze mozzafiato più cinematografiche che letterarie, lo scozzese Niven, classe 1968 e uno spirito dissacrante condito da un umorismo british a tratti da spogliatoio, ma sempre favorevole al sesso femminile, coinvolge il lettore nella fuga delle anziane rapinatrici, come se si trattasse della visione di un film. Il lieto fine c’è, ma non per tutti: solo per chi se lo è meritato…

John Niven, Le solite sospette, “Super ET”, Einaudi, 2016, pp. 348.