Cristina, 33 anni, da sempre soffre di nistagmo: un disturbo oculare involontario che le causa un ritmico movimento dei bulbi oculari. Così, a due anni, indossa il suo primo paio di lenti, del colore che piace di più alle bambine. Ma non basta portare gli occhiali rosa per vedere tutto in maniera ottimistica. E, soprattutto, non per vederci bene. Cristina impara ben presto, a sue spese, che il difetto che gli altri non comprendono è per lei una vera disabilità, che le impedisce di mantenersi in equilibrio in bicicletta ma anche, a scuola, di leggere alla lavagna. Se i compagni di gioco non fanno caso alle sue ginocchia sbucciate, la maestra invece sottolinea la sua ‘diversità’: come fai a non vederci, le chiede, costringendola a fingere che non sia così. Alle scuole medie, tuttavia, la situazione si inverte: i professori sono fin troppo comprensivi e questo, ai compagni, non piace. Prima sono solo in pochi. “Alla fine, tutta la scuola mi prendeva in giro. Un martellamento continuo, imperterrito. Senza tregua. Senza pietà”. Ma Cristina, in realtà, non desidera la pietà di nessuno: vuole solo che gli altri le permettano di vivere serenamente la sua adolescenza e la sua diversa normalità. “Mi impegnavo, cercavo di socializzare. Ma era tutto sempre più pesante. […] Non avevo voglia di stare dalla parte del torto. Io non avevo torto. […] Tutto questo ora ha un nome, forse anche un cognome. Bullismo.”
Con la lucidità che contraddistingue il suo pensiero, oggi Cristina mette nero su bianco la sua giovane storia. A pubblicarla, in modo che sia davvero fruibile da tutti – non a caso il testo usa un carattere ad alta leggibilità, adatto a chi ha disturbi di vista, ma in realtà a ogni lettore – è l’editore napoletano Giammarino. “Ho sempre avuto un amore immenso per Napoli, per la Campania”, racconta Cristina, che è pugliese, ma ha Napoli nel cuore. Anche perché la sua ‘rinascita’ è partita da lì, dopo un incontro casuale che ha segnato l’inizio del cambiamento: di un nuovo atteggiamento verso la vita, più disincantato e più pratico, che pretende per sé il rispetto che offre, che non lascia avvicinare chi non lo merita, preservando uno spazio vitale in cui le relazioni non siano vincolo, legame o abitudine, ma scelta.
Come in fondo tutti noi, Cristina ha bisogno di circondarsi di persone vere; di provare l’amore “che non pretende, che ha solo la necessità di esistere […], che non vuole etichette”. Perché sono queste ultime che l’hanno fatta soffrire. Ma anche diventare la persona che è, in grado di prendere carta e penna per dire al mondo, con coraggio, che non è lei quella sbagliata, e che gli altri si arrangino se non lo capiscono.
È un libro sincero, questo, come pochi; dove la finzione letteraria non prova nemmeno ad affacciarsi, per lasciare la scena alla nuda verità. Cristina racconta tutto, così come l’ha vissuto sulla sua pelle; esprime ogni suo sentimento, anche quelli che, si rende conto, risulteranno ‘scomodi’. La sua voce di autrice dà voce ai tanti giovani che invece non osano parlare, ma soffrono o hanno sofferto le stesse esclusioni, le stesse martellanti umiliazioni, la stessa impossibilità di essere uguali agli altri, anche se un po’ diversi.
Oggi Cristina ha più consapevolezza del suo problema oculistico, due lauree (in Pedagogia e in Scienze dell’Educazione) e si occupa di sport sul Web. Non ha mai dimenticato l’esperienza del bullismo. Ma l’ha superata: “c’è chi può ancora godersi la parte migliore di me”.
Cristina Mariano, Uguali ma diversi, “Officina degli autori”, Giammarino Editore, 2020, pp. 86.