Divagazioni di una lettrice alla scoperta dei libri selezionati al Premio Napoli 2008.
Non conosco Gabriele Frasca, parto dalla quarta di copertina: dove scopro che il nostro Autore è relativamente giovane (sulla cinquantina) e ha scritto una marea di cose, di generi diversi: poesie, saggi critici, ma anche romanzi e un audiolibro. Ha tradotto Samuel Beckett e analizzato l’opera di Philip Dick. Vediamo come se la cava come poeta.
Ho deciso di leggere per prime tutte le parti incolonnate in rima, così da concentrarmi meglio sullo stile delle poesie vere e proprie.
Sfoglio in cerca di un’introduzione critica, che non c’è: ci vorrebbe.
Inizio dal capitolo Uno, con la poesia senza titolo. Mi piace. Il ritmo mi prende. Sono endecasillabi, me ne accorgo prima ancora di contarli perché mi ricordano qualcosa. Il pensiero va subito alla Divina Commedia, ma l’endecasillabo è il verso più amato dai poeti italiani. Anche a me piace. Mi lascio trascinare dal suono, penso poco al significato; ma, quando mi ci soffermo, penso che varrebbe la pena di ragionare su questi versi per capire il messaggio esistenziale dell’autore (non proprio ottimista).
Ad Uno corrisponde una sola poesia, a 2 due cinquine, a Trismi rime in cui ricorrono in vari modi i multipli di 3 (6 poesie di 9 sillabe), a Quarti una serie di quartine.
Nel capitolo Ramaglie c’è testo in lingua originale, e sotto la versione dell’autore (si fa vivo il Frasca traduttore!). Versione che certamente è libera e che in alcuni punti, come a p. 78 (“t’accorgi presto dalla prima ruga come carcassa e testa andranno in fuga”) mi sembra raggiungere l’optimum per sintesi ed espressività. Dopo questo buon esordio, le poesie Merrie Melodies mi deludono un po’. Il punto sarà pure un artificio innovativo, ma spezza troppo il ritmo. Prima niente punteggiatura, ora troppa. Le poesie sono in inglese, il risultato non è dei più immediati per il lettore.
In Rivi mi diverto a cercare il criterio con cui l’autore inventa le sue rime e finalmente mi giunge un’illuminazione: questa è scrittura creativa, è un esercizio di stile; di più: è letteratura potenziale. L’impressione si rinforza in Dissestina: i sei versi di ogni sestina ‘dissestata’ finiscono sempre con le stesse sei parole (in ordine alterno). Più avanti, si ritorna a una poesia più libera, e anche, ogni tanto, ai punti. In Poesie da tavola ricompare la tecnica della scrittura vincolata, anche se ora, nelle sestine, uno dei vocaboli fissi dopo un po’ cede definitivamente il posto a un’altra parola.
Dopo Rimastichi e Rivolte ho finito le poesie e passo alle ‘prose’ (ma lo saranno poi davvero?). Prima, però, scopro che alla fine del libro c’è una nota, che dice finalmente tutto sull’autore, e anche un indice, da cui scopro le date delle poesie (sarebbe stato meglio inserirle durante la lettura, o pubblicare le poesie in ordine cronologico, ma meglio tardi che mai).
Comincio con la serie degli Orologi. Ritorna una visione cupa della vita; ritornano con insistenza i punti spezza-periodo; ritornano le rime, ma questa volta sono interne alla prosa. È insistente anche il tema del corpo, citato intero o nelle sue parti, quasi simbolo della caducità della vita.
Un altro gioco di parole nel titolo di Sette. Un set per 7 video. Compare il personaggio di Ginetto/ Gigetto: qui un po’ di trama ci dev’essere, penso, ma se c’è non riesco a seguirla (anche perché, ora che ci vorrebbero, i punti mancano quasi del tutto). Altri personaggi: Nico, Rosy e Giusy con la “ypsilon d’ordinanza”; parole spinte, sembra esserci una storia di giovani, anche se ancora non mi è chiara la trama. Andando avanti, Gino cresce, si sposa e si trasforma in don Luigi; mi sembra di capire che si faccia ancora vivo Nico, nessun lieto fine però.
Finisco di leggere la prosa/poesia; posso dire, alla fine, che non sono queste le parti che mi entusiasmano di più.
Prime è un libro per certi versi difficile, per altri molto comunicativo. E’ comunque un testo in cui c’è, come già in Casi critici, vero sforzo letterario e studio, ma è comprensibile ai più; e in cui la moderna creatività, presente anche in Non avevo capito niente, non dorme sugli allori di una celebrità già raggiunta, ma si rivolge a un pubblico, sia pure di intenditori, da conquistare.
Gabriele Frasca, Prime. Poesie scelte 1977-2007, Luca Sossella Editore, 2007