Nostalgia della ruggine - Sergio De Santis

Nostalgia della ruggine

La “nostalgia della ruggine (della sua vecchia casa corrosa dal tempo, in un palazzo “color torrone rancido” in un vicolo della sua città natale) è quella che spinge Davide, 46enne arrivista ormai da anni trapiantato al Nord, a tornare a cercare le sue origini, con la scusa di vendere la sua abitazione di bambino ormai vuota.
Quello che potrebbe essere un tuffo nostalgico nel passato lo fa piombare da un giorno all’altro in una realtà che gli è estranea, fatta di “barbari […] sempre più invadenti e feroci”, di scippatori in motocicletta, di degrado e spazzatura.
Superato il primo istante di straniamento, però, a quella realtà Davide si adatta, come e più degli abitanti del vicolo: beve il caffè nelle loro case, accetta di dialogare con il giovane disabile Carmine, riconosce nel boss del quartiere il suo vecchio compagno di scuola, visita un’anziana, quanto ignota, ammalata in ospedale, ama per brevi istanti una delle donne del vicolo.
Sempre con il pensiero di poter ritornare, quando vuole, alla sua quotidianità: la grigia città del Nord con il suo lavoro da squalo della finanza e l’algida, ricca, fidanzata ebrea Sara.
In realtà, però, sin dal primo giorno in cui ha messo piede nella città delle sue origini – una Napoli facilmente riconoscibile, ma mai nominata – Davide si scopre, di fatto, incapace di abbandonarla.
Lo farà solo costretto, non tanto dall’improvvisa mancanza di una stanza in cui pernottare, quanto dall’offesa fatta al vicolo seducendo la bella “barbara” Anna.
Il viaggio che lo riconduce alla sua precedente vita costituirà però un “non ritorno”: impossibilitato a riprendere le sue abitudini e il lavoro, Davide resterà sospeso, almeno nelle ultime pagine del romanzo, in un limbo, simbolo della sua incapacità di ritornare davvero a una vita che ora gli appare in tutto il suo cinismo e il suo vuoto.
Sergio De Santis riesce in un’impresa non facile: quella di condurre il lettore in un percorso senza ostacoli fino alla fine del libro, dove ogni parola è dosata per produrre una riflessione, ma anche il desiderio di scoprire le sorti del protagonista.
È solo nel finale che il lettore si smarrisce: dopo aver vissuto per cinque giorni con questo moderno Alcibiade, si aspetterebbe una conclusione.
Ad esempio, un Davide finalmente in cerca del suo vero io, che decide di restare nella casa nel vicolo per ritrovare le sue origini e provare a vivere l’affetto per Anna. Oppure un finale drammatico, ma catartico: nel suo letto d’ospedale Davide muore, convinto però di aver capito cosa conta davvero nella vita.
Nel complesso, comunque, una lettura che ci fa entrare, con un linguaggio magistrale, in un mondo in cui altrimenti difficilmente saremmo penetrati, con le sue luci e le sue ombre, ma con un’assoluta umanità.

Sergio De Santis, Nostalgia della ruggine, Mondadori, 2010, pp. 205.

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