Ritorno in Egitto
Giovanna Mozzillo
Marlin Editore, 2017, pp. 276, € 15
Se la narrazione contemporanea, secondo la ‘pop-filosofa’ Lucrezia Ercoli, costruisce mondi che il lettore può abitare, più facile dev’essere la creazione di un universo immaginario, in cui a dettare le regole è la fantasia dello scrittore, rispetto al ri-costruire, con la massima fedeltà possibile, un mondo che in passato è stato già abitato e di cui ora restano solo le tracce. Riesce magistralmente nell’impresa Giovanna Mozzillo, autrice di eccellenza già amata per La signorina e l’amore e molte altre opere, nel suo Ritorno in Egitto, ambientato nell’antica Roma al tempo – e sarà un elemento fondamentale – della prima cristianizzazione.
Claudio ama (moltissimo) Ligdo, che è il suo concubino. E Ligdo ama (follemente e al di sopra di chiunque) Claudio, che, di poco più grande di lui che è ancora un ragazzo, è il suo protettore, il suo maestro, colui che gli ha insegnato tutto della vita. In quest’amore autosufficiente si va però a inserire il matrimonio di Claudio con Porzia, non bella né in grado “di ospitare un sentimento così forte”, ma privilegiata perché deputata a dargli un erede. Il che scatena la gelosia e scardina le sicurezze di Ligdo che, complice il destino che porta all’improvviso il suo amato in missione in Asia per conto di Cesare, si trova irrequieto e disorientato. Anche perché, nel frattempo, la dottrina cristiana del Nazareno sta prendendo piede e tenta di permeare di sé ogni aspetto della vita umana, dalla religiosità che mira ad annientare la credenza negli dèi falsi e bugiardi alla sessualità, persino coniugale. Figurarsi quella ‘diversa’ di Ligdo e Claudio, fino a quel momento considerata più che naturale, tutt’a un tratto passaporto per le fiamme dell’inferno, da cui solo con la conversione e l’espiazione ci si può salvare.
Grazie a studi accuratissimi della realtà dell’epoca (“l’idea del libro mi è venuta dopo aver trovato alcuni documenti”, spiega l’autrice), Giovanna Mozzillo rende viva e palpitante l’antica Roma, e i luoghi teatro delle avventure dei protagonisti, in una mescolanza di colori, odori, sapori, suoni, sessi, razze, culture e gerarchie sociali, queste spesso portatrici di ingiustizie e di crudeltà. Ma le maggiori efferatezze, realmente accadute – l’autrice ha scelto di risparmiarci le peggiori – vengono dallo scontro tra la fervente, intollerante, intransigente dottrina cristiana delle origini e il paganesimo politeista, a farci scoprire che le persecuzioni, magari non si sa, non hanno riguardato solo i cristiani. Nel libro, un turbinio di eventi travolge, e sconvolge, la vita dei protagonisti, coinvolgendo il lettore e rendendolo ansioso delle loro sorti, e in particolare di quelle di Ligdo: personaggio che, nella sua incantevole e scultorea bellezza che lo fa desiderare da uomini e donne, e nonostante le sue pratiche amorose “contro natura”, rappresenta la purezza dell’amore e la necessità, per gli esseri umani, di vivere i sentimenti nel modo in cui desiderano. Perché, pare che l’autrice voglia dirci, nessuno può essere felice se non è libero di essere se stesso.