Sofia è una donna semplice. Ama più di ogni cosa la famiglia, i suoi figli, la sua terra, che porta sempre nel cuore, anche se vive lontana; conserva intatto l’affetto per la migliore amica delle scuole medie. Sa cucinare divinamente come solo una massaia attenta alla tradizione può fare, scrive libri di ricette e una volta ha cucinato persino per le detenute, in carcere. Sofia (Scicolone) è Sophia (Loren): la diva italiana più famosa del mondo, due Premi Oscar (uno come miglior attrice e un premio alla carriera, più una nomination), dieci David di Donatello, dieci Golden Globe e innumerevoli altri premi prestigiosi. Più una stella sulla Walk of Fame a Hollywood.
E la sua stella brilla ancora, dal 1950: anno in cui la madre Romilda Villani, un ruolo mancato come sosia della Garbo e la stessa sinuosa femminilità trasmessa alla figlia, porta per mano la giovane e timida Sofia a un provino a Napoli e poi, varcando fortunosamente i cancelli di Cinecittà, al suo primo film internazionale. A più di settant’anni dall’inizio della sua carriera, il mito di Sofia resiste intatto e continua, con il suo esempio di forza, passione e determinazione – ma anche e soprattutto di amore per tutto ciò che fa – a essere di ispirazione per le donne, a cominciare da quelle della sua amata Pozzuoli.
“Chest’è ‘a terra mia…”, sussurra Sofia davanti a uno scorcio improvviso del mare della sua città, quando, invitata da Paolo Lubrano, vi ritorna a ricevere, acclamata dalla folla e circondata dalle autorità e dagli amici più cari, il Premio Civitas nel 2005. A ricordare quei momenti, e tutta la vita dell’attrice – in un volume ricchissimo di notizie, di ricordi e di fotografie storiche – è oggi Lubrano, che, con un amore per Pozzuoli pari a quello della Loren, racconta Sofia più che Sophia, e insieme la magia di una terra che della diva è parte integrante, nella vulcanica passionalità, nella bellezza spontanea, nell’attaccamento alle tradizioni.
Attraverso le pagine del libro la vita di Sophia Loren scorre avvincente come un romanzo d’avventura, perché un’avventura è stata, dall’infanzia con un padre ‘a distanza’ ai bombardamenti della guerra, alla possibilità, grazie al suo talento – tanto grande quanto naturale – di recitare con i più importanti attori e registi italiani di sempre (in primis i suoi amati Marcello Mastroianni e Vittorio de Sica) e con i più noti attori del cinema internazionale, da Cary Grant a Clark Gable, da Marlon Brando a Paul Newman, da Jean Paul Belmondo a Omar Sharif.
A leggere la filmografia di un centinaio di titoli che Lubrano attentamente riporta alla fine del volume (introdotto dalle prefazioni del critico cinematografico Valerio Caprara e della giovane attrice Ludovica Nasti), ci si accorge che Sophia Loren è il cinema; non solo, è il cinema dei suoi anni d’oro, quello che probabilmente non ritornerà mai più. Sophia Loren, come molte attrici, attraverso i suoi film esisterà invece per sempre. Ma sarà forse l’unica diva capace di rappresentare in maniera assoluta un Paese del quale, pur non vivendovi più, ha incarnato l’ammaliante bellezza e i lati migliori.
Appena arrivata a Tokio, nel 1980, salii su un’auto pubblica: il tassista giapponese non conosceva una parola d’inglese, men che meno d’italiano; ma appena sentì che provenivo dall’Italia pronunciò con entusiasmo solo un nome: “Sophia Loren!”.
…che pure andando lontano ha permesso che diventassi donna, Portandomi dentro questa magia, Paolo Lubrano, Cultura Nova Edizioni, 2020, pp. 216.